Il nostro prof. Locatelli ha rilasciato, insieme ad altre scuole un’intervista alla Gazzetta dello Sport in cui parla della nostra scuola. Il passaggio sta alla fine dell’articolo.

14 settembre – ROMA
È nata prima dell’Italia. L’educazione fisica mosse i suoi primi passi nel lontano 1859 con la legge Casati. 161 anni fa. Ma un periodo così, guerre a parte, non l’aveva ancora vissuto.

Se la scuola riparte oggi con cento punti interrogativi, in palestra le incognite saranno ancora di più. Però facendo un piccolo grande Giro d’Italia, in attesa di quello vero di ottobre, incontriamo pure una certezza: tanta gente ce la sta mettendo tutta. L’educazione fisica, cenerentola della didattica a distanza, assediata dentro casa con il rischio di palestre divise per tre o per quattro per aiutare lo sdoppiamento delle classi, sta combattendo. Stanno combattendo i tanti professori di educazione fisica che reinventano quotidianamente la loro materia, slalomeggiando fra linee guida troppo generiche, circolari da interpretare e protocolli contraddittori da rispettare. Ma l’attesa è finita, sta per suonare la campanella, anche se qualche regione s’è presa un po’ più di tempo. In ogni caso, un’altra cosa è sicura: almeno per il momento, poco sarà come prima. Le scienze motorie e sportive nella scuola italiana sono come un’Olimpiade che cambia improvvisamente metà del suo programma.

DUE METRI — Si deve partire dalle raccomandazioni del Comitato Tecnico-Scientifico adottate dal ministero dell’Istruzione, poche righe che però inquadrano la situazione di partenza: “… Per lo svolgimento della ricreazione, delle attività motorie…, ove possibile e compatibilmente con le variabili strutturali, di sicurezza e metereologiche, privilegiare lo svolgimento all’aperto, valorizzando lo spazio esterno quale occasione alternativa di apprendimento. Per le attività di Educazione Fisica, qualora svolte al chiuso (es. palestre), dovrà essere garantita adeguata aerazione e un distanziamento interpersonale di almeno 2 metri. Nelle prime fasi di riapertura delle scuole sono sconsigliati i giochi di squadra e gli sport di gruppo, mentre sono da privilegiare le attività fisiche sportive individuali che permettano il distanziamento fisico”.

NON POTETE FARNE A MENO? — Per capire come declinare queste indicazioni è giusto partire da Bergamo. Una delle capitali, se non la capitale della tragedia che abbiamo vissuto in questi mesi. Nicola Lovecchio insegna al Liceo Manzù. Si è dato da fare parecchio in queste settimane, anche con i suoi webinar su come ripartire. “La differenza fra i diversi documenti regionali, il contrasto fra ciò che è sconsigliato nella scuola e autorizzato nelle attività del pomeriggio in base ai protocolli federali, ha creato confusione. Ma ci vuole buon senso. Non si possono praticare gli sport di squadra? Proviamo a farlo con esercitazioni azioni tecniche singole o una gara di tiri da tre nella pallacanestro. Non avremo gli stessi ritmi, i tempi saranno dilatati, ci sarà il pallone da igienizzare. Magari potremo riscoprire le andature della tecnica, gli esercizi a corpo libero, l’espressività corporea, il mimo anche in forma teatrale o i circuit training che vanno molto in questo momento”. Quale sarà lo spirito con cui torneranno i ragazzi? “I ragazzi hanno voglia di tornare, di tornare anche a giocare. Li vedo sempre in tanti davanti al baretto della scuola e ogni tanto dico: parlavate malissimo della scuola e ora non potete farne a meno?”.

TIRI LIBERI E RIGORI — Dunque per le varie pallavolo, sicuramente lo sport più praticato nella scuola italiana, basket, calcio a 5, pallamano, si comincia, la metafora viene dalla tappa di ieri, sul Col de la Colombiere… Ma Marcello Catalano, professore del Plinio Seniore, un’armata da 51 classi a un passo dalla Stazione Termini, ha studiato con i suoi colleghi un approccio soft per salvare l’elemento ludico-agonistico: “Lavoreremo sui fondamentali. Per intenderci, tiri liberi per il basket, rigori per il calcio a 5, schiacciate e ricezioni nella pallavolo. Al momento, niente partite. Lavoreremo negli spazi all’aperto, sia quelli della scuola, sia quelli esterni, come per i corsi di atletica grazie alla convenzione con lo stadio Martellini di Caracalla”. “Noi invece abbiamo preferito evitare tutto ciò che riguarda il pallone, in quanto potenziale veicolo di trasmissione – spiega Antonella Caccuri del liceo “Socrate” di Bari – Abbiamo chiesto a ogni ragazzo di portare da casa un materassino e un asciugamano per effettuare esercizi rispettando il distanziamento. Stiamo valutando altre attività. In alcune scuole si punta sui giochi di racchetta: badminton, tennis, tennis tavolo, con un guanto nella mano non impegnata per prendere la pallina. Stiamo anche studiando percorso di discesa e risalita diversi. E naturalmente tanti spazi esterni”. Ma per Silvia Lolli, docente del “Belluzzi-Fioravanti” di Bologna, e autrice di diversi testi sulle scienze motorie a scuola, “non tutto il male vien per nuocere”. Perché “potremmo riappropriarci della ginnastica dell’educazione fisica, i ragazzi ne trarrebbero giovamento. D’altronde non c’è altra possibilità, anche se applicassimo i protocolli ci sono limiti che li renderebbero impossibili nelle scuole. Come facciamo a far entrare solo 16 persone per giocare a basket? Gli altri che fanno?”. Da Bologna possiamo salire più a nord e arrivare a Desenzano sul Garda, provincia di Brescia. Qui c’è una scuola paritaria, la “Annibale Maria di Francia” dei Padri Rogazionisti, affacciata sul lago. L’abbondanza di strutture aiuta la rivoluzione didattica delle scienze motorie. “Per gli sport di squadra cercheremo di limitarci almeno per i primi tre mesi ai fondamentali. Puntiamo invece sugli sport individuali: parkour, fitness musicale, hip hop/breakdance, badminton, ginnastica ritmica, yoga. Poi vogliamo sfruttare il lago: vela, sup, kayak”.